Page 59 - Un momento di Stasi
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Senza rumore alcuno scivolò sul selciato della piazza; il
       grosso capo urtò contro una pietra e sparse i propri semi
       sull’asfalto. Tutti con le lacrime agli occhi compresero con
       empatico atteggiamento: ognuno di loro ne raccolse uno e
       lo tenne gelosamente fino a quando trovò la possibilità di
       piantarlo, sperando di rivedere in un nuovo girasole, il caro

       vecchio  fiore  oramai  al  di  là  del  piccolo  ponte  a  noi
       conosciuto.


                           ISTINTO E RAGIONE



           Cera una volta tanto tempo fa, un casolare arroccato su
       un monticello alla deriva in un’immensa pianura.
           Nella povera sgangherata dimora un bipede vestito di
       pelo  di  montone,  il  quale,  ogni  mattina,  da  oltre  mezzo
       secolo,  si  alzava,  guardava  dalla  finestra  l’immenso

       panorama che si parava d’innanzi, sbadigliava, si parlava,
       o meglio si mugugnava qualcosa, divorava  tre o quattro
       ciotole di latte pecorino e usciva dalla porta sul retro che
       dava in un gran cortile.
           Il  selciato  dell’aia  sarebbe  apparso  lastricato  se  non
       fosse stato per la montagna di sterco che lo ricopriva.

           Tra il letame e la lurida paglia, un centinaio di caproni
       trovava refrigerio nelle fredde notti d’inverno. Lo sterco era
       presente,  purtroppo,  anche  quando  d’estate  le  cornute
       creature n’avrebbero fatto volentieri a meno.
           Si  confondevano  tra  i  maschi,  anche  una  trentina  di

       pecore.
           All’uscita  del  padrone,  il  grosso  maremmano,  bianco
       caffè latte, per lo sporco del quale il suo pelo era pregno,
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